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Lui & Lei

Shampoo alla mela


di Isaac
28.05.2014    |    6.339    |    3 9.0
"Sedevamo per mezze giornate gomito a gomito, a volte condividendo il terminale piuttosto che affiancando il suo al mio portatile e così, data la ristrettezza..."
Da che era stata nominata nuova responsabile, in sostituzione del precedente direttore che era stato giubilato per certi dissidi sopravvenuti con la moglie del titolare (o forse non erano proprio dissidi, non s'era capito bene che cosa fosse successo ...) da quand'era stata nominata, dicevo, l'impiegata precisa e solerte, ma tanto scialba e che non attirava l'attenzione di nessuno, s'era trasfigurata non già cambiando look o modi, ma mostrando una sicurezza ed una consapevolezza nuove, come se fosse sempre stata pronta ad assumere quel ruolo.

All'epoca ero stato distaccato presso quell'azienda in ristrutturazione organizzativa dalla società di consulenza per cui lavoravo; di norma il principio è quello di sommergere il cliente di analisi di processo, schemi organizzativi, funzionigrammi ed involverlo in una spirale di dipendenza nel mentre che le cose, quelle del mondo reale, intendo (la congiuntura, il mercato) fanno il loro corso naturalmente, nel bene o nel male ed indipendentemente da tutti quei vacui ma remunerativi sforzi, ed ero abbastanza soddisfatto di come stavano procedendo le cose e dell'acquiescenza con cui il committente onorava le parcelle. La nuova responsabile, però, sembrava piuttosto refrattaria a tutti quei magheggi e, ben presto, mi costrinse ad impegnarmi più seriamente nel trasmetterle contenuti tecnici che davvero le agevolassero il lavoro migliorando la performance del suo reparto.

Per fortuna non ero del tutto inconsistente dal punto di vista professionale e qualcosa da dire e da dare ce l'avevo davvero, sebbene ciò stesse a significare che, fatto quello, la mia utilità sarebbe venuta meno e così l'incarico, cosa che alla mia società non avrebbe fatto piacere.

Cominciammo col vederci più spesso, in orari a volte improbabili perché non voleva trascurare i suoi doveri d'ufficio, ora che era stata promossa, ed accadeva di sovente che restassimo soli nel suo ufficio, il suo nuovo ufficio che era l'unico, nell'open space, ad avere delle pareti a vetro oscurabili con delle veneziane.
Sedevamo per mezze giornate gomito a gomito, a volte condividendo il terminale piuttosto che affiancando il suo al mio portatile e così, data la ristrettezza dell'ambiente, dopo un po' la contiguità fisica, il contatto, la condivisione divennero abituali e, scoprii, per me molto piacevoli, euforizzanti addirittura.

Una sera che faceva più caldo del solito ed eravamo rimasti soli, nel bel mezzo d'una elaborazione grafica dei dati trimestrali, lei raccolse i capelli crespi e lunghi in uno chignon per sollevarsi un po' dal disagio, così facendo alzò le braccia ed il sottile afrore delle sue ascelle, che intravidi non depilate attraverso la bocca della mezza manica, unitamente al profumo dei capelli mi smossero qualcosa dentro, dentro e giu dabbasso, a livello dell'inguine; con una voce arrochita che sorprese me per primo le sussurrai, quasi all'orecchio: "Shampoo alla mela! Che buon profumo ...". Lei non volse nemmeno la testa ma vidi che le si imporporavano le guance ed ebbi l'impressione che trattenesse il respiro; un silenzio carico di tensione era calato tra noi, immobili in una sorta di mimetismo sincopato e con l'unico rumore delle ventole dei computer.

Non so che cosa mi prese, realizzai che la desideravo, più o meno dalla prima volta che l'avevo vista, quando ancora i nostri incontri erano brevi ed occasionali avendo io altri referenti, così, per quanto possibile, mi feci ancora più prossimo a lei, poggiando la parte sinistra del mio torace alla destra della sua schiena, avvicinai il viso alla sua nuca, inspirando voluttuosamente le spire di profumo di donna che esalava il suo corpo eburneo, poi fu un attimo e poggiai la bocca assaporando la pelle rovente, dolce e salmastra insieme, vellutata come una pesca.

Emise un gemito ed inarcò il collo, ma non si sottrasse, allora con le mani le cinsi i fianchi e le feci risalire sino ai seni che raccolsi con circospezione sino a riempirle ed a sentire, tra indice e medio, i suoi capezzoli turgidi; la mia bocca era risalita all'orecchio che investigavo delicatamente con la lingua mordicchiandone il lobo, finalmente si girò sulla sedia e potemmo baciarci avidamente, nel mentre le sbottonavo la camicetta mettendo a nudo i suoi orgogliosi e trionfanti seni. Mi ci avventai ancora con la bocca, suggendoli con delicatezza e frenesia assieme, mentre lei mi stringeva la testa al petto e sospirava quasi dolorosamente.
Caddi in ginocchio dinanzi a lei ancora seduta e con la mano destra presi la via delle sue cosce che risalii sotto la gonna sino ad arrivare al suo giardino segreto ed ancora velato dalle mutandine; attraverso quelle, dolcemente fradice, avvertivo i riccioli ed i rilievi d'una natura rigogliosa e fu con la frenesia d'un animale in calore che gliele sfilai dai fianchi, avendo la sinistra raggiunta la destra e lei essendosi parzialmente alzata dalla seduta.

Nello sfilarle le mutandine dalle caviglie feci cadere una scarpa, così le tolsi anche l'altra ed insieme franammo sul pavimento avvinghiati come due glicini; le scivolai addosso come un serpente ed arrivai al suo pube in cui quasi mi immersi col viso a carpirne ed inalarne ogni e più recondito segreto.
La baciavo ardentemente, insinuando la lingua sin nella vagina e ricevendo nella bocca assetata la benedizione del suo essudato, così intimamente profumato di viscere, che mi arrivava a flotti, sin quasi a schizzi e che mi imbeveva la camicia nel mentre che i suoi gemiti si facevano affannosi ed imploranti.

Le sue mani s'erano fatte adunche tra i miei capelli e dopo l'ennesimo maremoto dei suoi fianchi, accompagnato da quelle che erano divenute rauche grida, mi sentii letteralmente sollevare dal fiero pasto e trascinato inequivocabilmente verso l'alto; ebbi appena il tempo di slacciare la cintura e liberarmi alla bell'e meglio dalla prigione di stoffa che ancora mi limitava, le resistetti abbastanza da scoprirmi il glande ed appoggiarlo alla boscosa selva del desiderio, ove indugiai quel poco che la fece quasi infuriare e stizzire poi precipitai dentro di lei affondando come in un gorgo.

Cavalcammo assieme con impeto mentre le nostre bocche si dicevano l'una nell'altra le più folli parole d'amore e di passione, poi un'ondata più alta delle altre mi travolse facendomi quasi perdere i sensi ed esplosi con un rantolo liberatorio dentro di lei.

Giacemmo per un tempo infinito sul pavimento, carezzandoci i volti e scambiando baci insistiti, stupiti, increduli ma felici e commossi per ciò che ci era capitato.

Fu li, in quel momento che realizzai che ci saremmo sposati ...
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